Rogliano, provincia di Cosenza, anni Sessanta, esterno giorno: c’è un bar nella piazza e, in quello stesso palazzo, Vittorio Colacino esercita la professione di medico curante.

Chiudendo gli occhi pare di vedere una cartolina in bianco e nero, stropicciata dal tempo, che ferma in un’immagine un posto, le persone, un’epoca. Ad occhi aperti l’immagine diventa a colori: c’è più gente adesso nella cartolina, ci sono smartphone e ragazzi in jeans strappati. Eppure, davanti al bar, tutti sanno che “una volta” lì visitava il dottore Colacino.

Si prendeva cura dei pazienti. Si prendeva cura della terra. Medico di professione e vignaiolo per vocazione, Colacino Senior agli inizi degli anni Sessanta acquista le vigne di suo nonno a Marzi, a due passi dal paese. Siamo nella Valle del Savuto, a 500 metri sul livello del mare, in un territorio baciato dal sole e lambito dalla brina del fiume che nasce in Sila, attraversa monti e colline e si tuffa nel Golfo di Sant’Eufemia.

È il 1968 quando Colacino produce la prima bottiglia. È ancora qui, su una mensola, un po’ sbiadita, custodita da Mauro e Maria Teresa, i figli che hanno preso in mano le redini dell’azienda ed ereditato dal padre vigne e passione. Ché non è vero che si beve per dimenticare. La nuova generazione a marchio Colacino Wines si schiera dalla parte del ricordo, della tradizione e della famiglia: sentinelle della storia, i fratelli sono impegnati a scrivere nuove pagine. La grammatica gliel’ha insegnata il papà. Non solo. Perché il dottor Vittorio Colacino teneva un quaderno: nero su bianco il frutto dei suoi studi in medicina (un bagaglio a mano di chimica e biologia) applicati all’uva.

Gli appunti sono ancora oggi, per figli e nipoti, una bussola che orienta la vinificazione dell’azienda e il Nord punta dritto alla valorizzazione del territorio. Colacino Wines, infatti, produce vini solo da varietà autoctone: 21 ettari fanno spazio a vigneti terrazzati dove si allevano Arvino, Greco Nero, Nerello Cappuccio, Magliocco Canino, Mantonico, Greco Bianco, Malvasia Bianca e Pecorello.

Cinque DOP (Britto, Colle Barabba, Sì Savuto Bianco, Sì Savuto Rosato, Sì Savuto Rosso) e due IGP (Amanzio e Quarto) parlano calabrese ma hanno da dire la loro anche oltreconfine. In fondo, il vino è cultura e la cultura è un ponte che unisce mondi lontani (e in Calabria ne sappiamo qualcosa in fatto di ponti). A Colacino stava… stretto il mercato locale e allora ha puntato la bussola pure verso Oriente e oggi produce per il Giappone tre IGP Calabria, due rossi e un bianco. Lontani da casa ma dall’aria familiare, sono vini a cui dare del tu (tant’è che i rossi si chiamano Michele e Filiberto!).

C’era una volta un nonno innamorato della sua terra, racconterebbe oggi Vittorio, il nipote che da Colacino Senior ha ereditato il nome, la vocazione per la medicina e l’amore per questo nettare.

C’era una volta e ancora c’è una famiglia che con i piedi per terra (e in vigna) coltiva una passione e un ricordo e poi solleva il calice in alto, verso un Nord di crescita che attira gli amanti del vino, proprio come una calamita. 

Team Calabria Drink Porn e Mauro Colacino